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15 marzo 2022
Il Veleno del Teatro
di Rodolf Sirera, con Salvatore Della Villa e Alfredo Traversa
traduzione: Daniela Aronica
musiche: Gianluigi Antonaci
costumi: Simona De Castro
foto di scena: Luciano Greco
regia: Tommaso Massimo Rotella
LA TRAMA
Il testo di Rodolf Sirera, già direttore del Teatro Principal di Valencia e drammaturgo spagnolo, fu scritto nel 1978, a soli tre anni dalla morte del dittatore Francisco Franco, ed ambientato nella Francia 1784, a pochi anni dall’avvento della Rivoluzione di Luglio; un parallelismo che lo stesso autore tiene a sottolineare, perchè la rappresentazione del conflitto delle idee è sempre lo strumento più utile per elaborare il presente e il futuro, a partire dalla scrittura di un’opera e dall’efficacia della messa in scena, resa dagli interpreti dell’azione drammatica. Il testo, rappresentato in tutta Europa, ha avuto già grande riscontro a livello internazionale, come ben testimoniano le traduzioni in una decina di lingue, che ne fanno un piccolo classico della produzione iberica contemporanea.
La vicenda è ambientata nel Settecento e ruota intorno al tema della realtà scenica, soprattutto intorno ai suoi limiti. Gabriel De Beumont, attore di dichiarata fama riceve un invito a palazzo da un misterioso mecenate e amante dell’arte, un marchese. Al suo arrivo viene accolto da un cameriere fin troppo erudito. Ha così inizio un cinico gioco dialogico che, attraverso una serie di trappole retoriche, porterà lentamente la vittima designata a perdersi in un pericoloso labirinto di apparenze. Tra i due prende vita un dialogo brillante e sempre più tagliente sulle teorie opposte di recitazione: guidata dal cervello e dalla professionalità come richiedeva Diderot nel suo “Paradosso sull’attore”, o viscerale e guidata dall’istinto e dall’estro improvvisatorio, come sostiene il marchese (forse De Sade?).
Il testo descrive l’incontro fra due mondi, la borghesia in ascesa e l’ormai decaduta – o decadente – nobiltà, incarnate rispettivamenta da un giovane e ambizioso attore di successo e da un aristocratico, espressione di una élite di potere ormai condannata alla fine ma ancora custode di antichi valori e ideali, tra cui l’amore per la verità – e che fa dell’abitudine a un’arrogante, quanto spietata “sincerità”, una virtù. Sullo sfondo la Francia di fine Settecento, alle soglie della Rivoluzione Francese, dopo il fulgore dell’Età dei Lumi e il trionfo della ragione, per un duello di parole che indaga il senso stesso del fare teatro, la sua capacità di evocare atmosfere, storie e personaggi per farli “vivere” sulla scena, di mostrare gli aspetti più oscuri e inquietanti della natura umana, di esorcizzare i propri demoni attraverso la catarsi – al di là del bene e del male.
GENESI DELL’OPERA
Rodolf Sirera è una delle figure più importanti della recente storia del teatro valenziano. Vincolato alla scena praticamente da quando è nato, la sua vocazione di drammaturgo è coesistita, nel corso degli anni, con il suo lavoro come attore, regista, adattatore e gestore del teatro pubblico valenziano.
Il Veleno del Teatro è un raffinato dialogo drammatico sulla vita e l’arte, la finzione e la realtà, sulle possibilità dell’uomo di sapere distinguere tra la prima e la seconda. Il punto di partenza è l’eterna polemica che ingloba la professione, la naturalezza stessa dell’attore. Deve, l’attore identificarsi con il personaggio che incarna e sperimentare nella propria carne i suoi sentimenti e le sue sensazioni? O al contrario, l’attore deve sviluppare una tecnica d’interpretazione capace di trasmettere al pubblico ciò che il personaggio vive e sente, evitando qualsiasi tipo di identificazione, giacché questo comporterebbe un detrimento dell’effetto finale sul pubblico?
La questione dei limiti del teatro, sul suo potere di rappresentazione e sul suo rapporto con il reale è analizzata nello spettacolo, attraverso la sfida e la trasgressione del ruolo tradizionale della morte a teatro. Sirera mette in azione il meccanismo del teatro e ciò che interagisce con esso, in un gioco macabro dove l’attore interpreta e vive la propria morte, giungendo alla totale fusione della realtà con la finzione.
Un personaggio pericoloso prende vita con la figura del Marchese, nel quale facilmente identifichiamo il Marchese de Sade, grande perturbatore di tutte le regole, comprese quelle teatrali; desideroso di sperimentare la sua teoria esplicitata nell’opposizione vizio-virtù e trasferita in termini teatrali in autenticità e trasgressione, invita a casa sua un attore celebre dell’epoca, Gabriel de Beaumont, per interpretare solo per lui, in un’unica rappresentazione, una nuova versione de La morte di Socrate che egli ha appena finito di scrivere. Gabriel de Beumont, essere pusillanime, debole di carattere, borghese, servile davanti al Marchese, archetipo dell’attore di tutti i tempi, socialmente instabile, servirà senza saperlo a produrre piacere, all’occorrenza intellettuale, al cinico Marchese. Come un gladiatore, è convinto di guadagnarsi da vivere recitando la morte, fino a quando realizzerà che sta morendo veramente.
Un angosciante crescendo drammatico sostenuto da colpi d’effetto, che culminerà con la morte effettiva di qualcuno che ha finto di morire centinaia di volte. Potente, la doppia lettura del titolo, una reale, il veleno scatena il risvolto fatale, e l’altra metaforica, la velenosa passione di fare teatro. Sirera mostra attraverso lo scontro lacerante finzione e realtà, tra estetica teatrale e identificazione nel ruolo, tra etica e piacere, un gioco di specchi in cui la teoria del teatro del Marchese si oppone a quella del Paradosso sull’attore di Diderot, alla quale ricorre paradossalmente il Marchese, al contrario di Gabriel, nel momento in cui si allontana dal suo personaggio e impersona il servo nella sua esteriorità, pur restando un erudito, in contrasto con il cliché del servo.
Nulla è lasciato al caso, tutto acquista un significato molteplice: la morte di Gabriel contiene altre morti, perché egli muore tre volte: due in modo finto, una effettiva, la sua, che Sirera intenzionalmente tiene fuori dallo spettacolo, semplicemente annunciandola. Ognuna di queste morti indica un modo diverso di recitare, e una morte di diversa natura. Il suo fisco dinanzi al Marchese implica una morte simbolica: quella di Diderot. Il fiasco di Gabriel nel suo primo tentativo è la morte della tecnica, è la morte della teatralità. La seconda rappresentazione è una morte storica, Gabriel la porta a termine convinto di aver ingerito un veleno mortale. La terza, suprema e irrepetibile, sarà la sua morte. Per quanto riguarda il Marchese e le sue idee sul teatro, Sirera propone un nuovo paradosso. Rinnega costantemente le idee di Diderot, le condanna esplicitamente.
Scritta nel 1978, in pieno smantellamento delle strutture di controllo franchista, Il Veleno del Teatro sembra domandarsi quale sarà il ruolo del teatro in futuro, nelle mani dei nuovi ‘marchesi’, dai quali inevitabilmente, da quando esiste, dipende.
(estratti da ‘Il veleno del Teatro – Dialogo tra un aristocratico e un attore, Capone Editore, Lecce, 1994
Saggi: ‘Trappole e licenze nel teatro di Rodolf Sirera’ di Iréne Sadowska-Guillon e ‘Il teatro passione letale’ di Luis Quirantes Santacrus)

RODOLF SIRERA
Nasce a Valencia nel 1948. Si laurea in Storia nel 1974 presso l’Università di Valencia. Dalla fine degli anni sessanta partecipa al movimento del teatro indipendente. Crea e dirige il gruppo Centre Experimental de Teatre, poi El Rogle, fino alla sua scomparsa (1976). Collabora come critico teatrale a diverse pubblicazioni periodiche: Cartelera Turia, La Marina, Destino, Serra d’Or, Primer Acto, El Temps, Levante, ecc. Ha impartito corsi all’Università di Chicago e in quella di Valencia. Come organizzatore teatrale ha svolto ruoli di responsabilità nella Comunidad Valenciana.
Ha realizzato e pubblicato articoli e ricerche su diversi drammaturghi, tra cui l’edizione del teatro completo dell’autore valenziano del XIX secolo Eduard Escalante, in collaborazione con Josep Lluis Sirera.
È autore di più di trenta opere di teatro tra le quali spiccano: Homenatge a Fiorenti Montfort [Omaggio a Fiorentí Montfort] (1971), con Josep Lluís Sirera; Plany en la mort d’Enric Ribera [Pianto per la morte di Enric Ribera] (1972); El brunzir de les abelles [Il ronzio delle api] (1975), con J. Ll. Sirera; El còlera dels déus [L’ira degli dei] (1976), con J. Ll. Sirera; El capvespre del tròpic [Il crepuscolo del tropico] (1977), con J. Ll. Sirera; Arnau (1977‑1978); L’assassinat del doctor Moraleada [L’assassinio del dottor Moraleada] (1977); El verí del teatre [Il veleno del teatro] (1978); Bloody Mary Show, suggeriments dramàtics per a un espectacle de cabaret [Bloody Mary Show, consigli drammaturgici per uno spettacolo di cabaret] (1979); La primera de la classe [La prima della classe] (1983‑1984); Funció de gala [Spettacolo di gala] (1982‑85); Cavalls de mar [Cavallucci marini] (1986), con J. Ll. Sirera; Indian Summer (1987); La partida [La partenza] (1989), con J. Ll. Sirera; La ciutat perduda [La città perduta] (1990‑1993); Maror (Les regles del gènere) [Le regole del genere] (1994); Punt de fuga [Punto di fuga] (1998‑1999); Silenci de negra [Pausa di semiminima] (2000), con J. Ll. Sirera, La mirada de l’alquimista [Lo sguardo dell’alchimista] (2000), Raccord (2004) e Benedicat (2005) con J. Ll. Sirera.
Come librettista ha scritto con J. Ll. Sirera, le opere liriche Història de la representació frustrada de la llegenda de la princesa trista [Storia della rappresentazione frustrata della leggenda della principessa triste] (1974‑75); El Príncep [Il principe] (1983) e El triomf de Tirant [Il trionfo di Tirant] (1991).
Ha tradotto e realizzato adattamenti di testi di Aristofane, Henrik Ibsen, Luigi Pirandello, Bill Manhoff, Jérôme Kilty, Eduard Escalante, Antón Chejov, William Shakespeare, Albert Camus, Yves Reynaud, Philippe Minyana, Nöelle Renaude, Yves Lebeau, Alerei Arbuzov, Jean Cocteau, William Gibson e Patrick Hamilton.
Come sceneggiatore ha partecipato alle serie televisive «Russafa 56» [Ruzafa 56], «Nissaga de poder» [Lignaggio di potere], «Laberint d’ombres» [Labirinto di ombre], «Herència de sang» [Eredità di sangue], «A flor de pell» [A fior di pelle], «El Súper», «Temps de silenci» [Tempo di silenzio], «Setze Dobles» [Sedici Doppi] e «Amar en tiempos revueltos» [Amare in tempi irrequieti].
Molte sue opere sono state tradotte e rappresentate in spagnolo, francese, inglese, italiano, portoghese, polacco, greco, ungherese e slovacco.
Ha ottenuto numerosi premi, tra cui il Ciutat d’Alcoi 1971; Crítica Serra d’Or di teatro 1975, 1977, 1981 e 1989; Carlos Arniches di teatro in catalano 1976; Ignasi Iglesias 1978; Ciutat de Barcelona di teatro 1978; Ciutat de València della critica 1981; Sanchís Guarner 1989; Teatre de la Comunitat Valenciana 1992; Born de Teatre 1993; Nacional di teatro della Generalitat de Catalunya 1997; Cavall Verd – Jaume Vidal Alcover 2000 e Crítica dels Escriptors Valencians di teatro 1995 e 2002.

SALVATORE DELLA VILLA
Attore regista e musicista, formatosi presso il Centro D di Torino con Iginio Bonazzi.
Ha debuttato nel 1994 al Teatro Alfieri di Torino nel Bonaventura di Sergio Tofano con la regia di Franco Passatore. Ha diretto e interpretato lavori di Pirandello, Cechov, Guy De Maupassant, Jerome K. Jerome, Ionesco, Sergio Tofano, Gaber, Stefano Benni, Luciano Violante, Bontempelli, Shakespeare, Victor Hugo, Aristofane, Garcia Lorca, Rostand, Saint-Exupéry, Campanile, Rodari.
Ha lavorato, tra gli altri, con Riccardo Caporossi e Anna Mazzamauro. Per il cinema e la televisione ha lavorato con Diego Abatantuono ed Enrico Oldoini (Il Giudice Mastrangelo), Alessandro Preziosi e Olaf Kreisen (La mia bella famiglia italiana), Edoardo Winspeare (La vita in comune, in concorso alla 74ma Mostra del Cinema di Venezia), Fabrizio Maria Cortese e Ivano Marescotti (Free).
Docente di Tecnica Fonetica-Didattica della Voce e Recitazione, da oltre vent’anni dirige la sua Scuola di Teatro LA MACCHINA ATTORIALE a Lecce, Maglie, Galatone.
Agli studi di Recitazione ha affiancato la formazione musicale, studiando Violino presso il Conservatorio ‘Tito Schipa’ di Lecce (Corsi di: Teoria e solfeggio, Compimento pianoforte complementare, Compimento inf. Violino, Storia e armonia, VII° anno violino).
Ha tenuto per diversi anni concerti sia come solista che in orchestra, tra cui l’Orchestra da Camera dell’Istituzione Concertistica Salentina e l’Orchestra Vivaldi. Si è occupato inoltre anche di musica etnico/popolare e costituito il gruppo Koinè con il quale ha lavorato per molti anni.
Ha prodotto opere importanti, interamente autofinanziate, come IL PICCOLO PRINCIPE di Antoine de Saint-Exupéry, che è stata una delle rare produzioni mondiali autorizzate dagli eredi e Gallimard e che ha segnato un indiscusso successo con migliaia presenze di pubblico. Altre significative operazioni sono IL GRIGIO di Giorgio Gaber, una delle rare interpretazioni in Italia concessa dalla Fondazione Giorgio Gaber; l’originale concerto poetico BESTIARIO SALENTINO selvaggi d’amore di morte poeti; IL CANZONIERE DELLA MORTE di Salvatore Toma e l’attuale e contemporaneo CALIGOLA di Albert Camus, INCANTESIMI spettacolo sulle Fiabe Italiane di Italo Calvino con Vanessa Gravina per la regia di Livio Galassi; ROMEO e GIULIETTA di William Shakespeare.
Cura la direzione artistica e organizzativa di stagioni, rassegne teatrali e residenze artistiche, collabora stabilmente con Enti e Pubbliche Amministrazioni. È direttore artistico del Teatro Comunale di Galatone – stagione teatrale ‘Teatri dell’Agire’, del Teatro Sotterraneo-Ipogeo Bacile – stagione multisciplinare ‘Fortezza in Opera’ di Spongano, del TERRE DI MEZZO festival a Surano.
È attualmente in scena con IL GRIGIO di Giorgio Gaber, INCANTESIMI- Fiabe e leggende della terra d’Oriente; Mistero Profano tre atti unici di Luigi Pirandello ovvero ‘L’uomo dal fiore in bocca, Sgombero, All’Uscita’, LASCIATE OGNE SPERANZA VOI CH’INTRATE Lectura Dantis per il VII centenario della morte di Dante Alighieri.
Nella stagione 2021.22 è previsto il debutto de IL VELENO DEL TEATRO di Rodolf Sirera

ALFREDO TRAVERSA
Dopo l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ fonda la ‘Quarta Espressione’ con Daniela Ardini. Ha lavorato per le sedi RAI di Bari, Roma e Napoli con Gastone Moschin, Marzia Ubaldi, Arnoldo Foà, Giustino Durano, Leopoldo Mastelloni, poi in Teatro con Edoardo Siravo, Elena Croce, Sabina Guzzanti, Pino Censi, Raf Vallone, Fiorenza Marchegiani, Roy Bosier e con i registi Salvo Bitonti, Lauro Versari, Armando Pugliese, Krzysztof Zanussi, Dino Lombardo, Roberto Lerici, Salvatore Della Villa. Ha elaborato progetti di teatro-civile coinvolgendo, primo in Italia, gli extracomunitari e i rifugiati. Diverse sue regie puntano alla valorizzazione o di testi teatrali mai esplorati o di opere scritte appositamente da autori di riconosciuta fama come Luciano Luisi che ha appositamente scritto “Eloisa ed Abelardo” in versi, Maria Luisa Spaziani con “Giovanna d’Arco”, Ciro Lenti con “Oscure Chiarità” (Sipario), Enzo Lauretta con “Maddalena”.L’ambasciata del Libano gli ha dato l’opportunità di mettere in scena per la prima volta in Italia le opere teatrali di K. Gibran. Lo spettacolo Santa delle Perseguitate, sul fenomeno dello stalking, è stato presentato su RAI Uno. Significativa è la sua attività per il recupero di spazi altri per il teatro. Docente per la Residenza Internazionale in Puglia su Shakespeare con Giuseppe Manfridi, Peter Lories e Marina Polla De Luca. Docente Scuola Regionale Teatrale Talìa di Brindisi. Docente per la Scuola La Macchina Attoriale di Lecce. Direttore Artistico del ‘CortoSordi’ con la Fondazione Alberto Sordi e del Festival Internazionale del Cinema Documentario di Taranto. Regista dell’opera ‘Pa’ con il patrocinio del Centro Studi Casarsa della Delizia (PN) su Pasolini da uno scritto di Giuseppe Puppo. Autore e Regista di ‘Nata a Costantinopoli’ con Ambasciata di Grecia in Italia. Coordinatore Artistico della Mostra del Cinema di Taranto. Regista de ‘L’evento’ di Italo Alighiero Chiusano con la Fondazione Chiusano di Frascati. Protagonista in teatro di ‘Memo e il Generale’ sul generale Dalla Chiesa scritto dal giornalista Cristiano Gatti. È autore di ‘Santa che voleva vivere’, ‘L’ Ultimo Pasolini’, ‘Le giornate di un critico’, ‘Mussolini e mia Suocera’.